Il Campo

L’Associazione per la Memoria dei Prigionieri Italiani a Letterkenny,

Oltre 1.200 prigionieri italiani che accettarono di collaborare con gli americani, furono inviati a Letterkenny, presso la cittadina di Chambersburg, nella Contea di Franklin, in Pennsylvania.

Il Letterkenny Army Depot era un vasto deposito militare, forse il più grande degli Stati Uniti, creato agli inizi del 1942. Trenta magazzini e 800 depositi sotterranei, sparsi su oltre 6.400 ettari, ospitavano munizioni e armamenti di ogni tipo, che venivano inviati sui fronti di guerra.

I prigionieri erano organizzati nel 321° battaglione italiano di cooperatori (321st Italian Quartermaster Battalion) comandato dal ten. Salvatore Campa e poi dal magg. Angelo Bassi, un bersagliere, come molti altri prigionieri del campo, e suddivisi in sei compagnie ISU (82°, 83°, 84°, 85°, 86° e 159°), comandate rispettivamente dai capitani Pietro Sigismondi, Girolamo Bellavista, Francesco Agate, Roberto Cardinale, Luigi Costanzo e dal tenente Giuseppe Falcone.

I cooperatori nel campo svolgevano varie mansioni. Provvedevano alla manutenzione della ferrovia interna, delle strade, ma soprattutto lavoravano al carico e scarico di materiali dei vari treni merci che trasportavano armamenti e allo stoccaggio di questi nei vari magazzini.

Essi svolsero un lavoro importante che fu apprezzato dal comando americano. Nel luglio del 1944 il comandante di Letterkenny Colonnello Hare dichiarò: “Questo deposito non avrebbe potuto compiere la sua missione senza gli italiani... e non saremo in grado di fornire ciò di cui le nostre forze armate continuamente hanno bisogno, se non avremo questi uomini ad aiutarci”.

Nelle loro mansioni lavoravano fianco a fianco con civili americani, spesso di colore, incluse molte donne. Ciò favorì anche il nascere di rapporti sentimentali, spesso sollecitati dalle stesse donne che, nel dopoguerra, sfociarono in matrimoni, fatto questo che permise ad alcuni prigionieri di tornare a vivere negli Stati Uniti.

Nei momenti liberi, dopo il lavoro e nei fine settimana, i cooperatori potevano dedicarsi alle attività preferite, tra cui lo sport, la musica, l’artigianato. Per quanto riguarda lo sport il calcio faceva la parte da leone. Gli incontri erano frequenti e furono organizzati anche veri e propri tornei. Circa la musica furono creati un’orchestra, una banda e un coro. Nei fine-settimana gli amanti del ballo si potevano esibire con le donne italo-americane che venivano con le famiglie in visita al campo. Qualcuno passava il tempo costruendo, con pazienza certosina, modellini di navi.

Alcuni prigionieri si impegnarono nella costruzione di edifici e strutture da utilizzare per le loro esigenze. La più importante fu certamente la Chiesa, tuttora esistente e diventata monumento storico protetto, ma va ricordato anche il Post Assembly Hall, ossia l’edificio in cui americani e italiani si riunivano per vedere i film, assistere a spettacoli teatrali, praticare sport al chiuso. Costruirono inoltre anche un semi-anfiteatro, dove nella buona stagione si esibiva l’orchestra e i prigionieri potevano ballare con le ospiti femminili nei fine-settimana e che era il luogo preferito per farsi fotografare.

I cooperatori a Letterkenny, come in altri campi in tutto il paese, sperimentarono eccellenti condizioni di vita. Cibo, alloggio, vestiario, cure mediche e attività sportive e ricreative furono, nella maggior parte dei casi, di gran lunga migliori che nell’esercito italiano, e più in generale che in Italia. Per quanto riguarda il cibo, le mense erano gestite direttamente dai prigionieri e i cuochi italiani preparavano vari piatti tipici che erano anche molto apprezzati dagli ufficiali americani i quali spesso pranzavano nelle mense italiane al fine di gustare piatti diversi.

Tuttavia, il malessere per la lunga detenzione, la malattia del “filo spinato” (soprattutto nei periodi di restrizione dei privilegi e delle libere uscite), la lentezza della corrispondenza e la mancanza di notizie da casa si fecero sentire anche a Letterkenny. Numerosi prigionieri soffrirono di turbe psicologiche.

Proprio per non pensare allo stato di prigionia e alle sorti dell’Italia i prigionieri cercavano di tenersi occupati il più possibile o cercavano conforto nella fede.

I prigionieri del 321° battaglione rimasero a Letterkenny 17 mesi (da maggio 1944 a settembre 1945).

Flavio G. Conti e Alan R. Perry, Italian Prisoners of War in Pennsylvania, Allies on the Home Front,1944-1945, Madison, NJ, Fairleigh Dickinson University Press, 2016;

Flavio G. Conti e Alan R. Perry, World War II Italian Prisoners of War in Chambersburg, Mount Pleasant, SC, Arcadia Publishing, 2017;

Flavio Giovanni Conti e Alan R. Perry, Prigionieri di guerra italiani in Pennsylvania, 1944-1945, Bologna, Il Mulino, 2018.